BL
Ball
Lightning Fulmini
Glubulari |
|
Introduzione alle luci sismiche di Massimo Silvestri
max.silve@libero.it |
4.
Ipotesi e teorie
Diverse teorie sono state avanzate a spiegazione delle EQL, ma nessuna risulta completamente soddisfacente. Questo perchè non tutte le EQL traggono origine dalle medesime cause. In alcuni casi, la causa probabile delle luminescenze al suolo può essere ricondotta all'accensione di gas fuoriusciti dalle crepe prodottesi nel terreno, mentre in altri (come lampi e bagliori in cielo), l'origine puo' essere l'elettricità atmosferica dovuta al terremoto. Come vedremo la maggior parte delle teorie proposte chiama in causa la presenza di campi o cariche elettriche che, mediante scarica o ricombinazione, generano quei fenomeni luminosi identificati come luci sismiche. Ciò che differenzia queste teorie "elettriche" sono le modalità con cui le forze tettoniche generano i campi o attuano una separazione di carica.
Ipotesi
piezoelettrica
Alcuni cristalli dielettrici, come il quarzo, presentano una
proprietà elettrica peculiare: quella di generare un accumulo
di cariche elettrostatiche, di segno opposto,
allestremità di uno degli assi polari se sottoposti a
compressione meccanica. Questa separazione di cariche genera un campo
elettrico che permane fintanto che si mantiene inalterata la
compressione. Lintensità del campo elettrico di un
singolo cristallo è praticamente trascurabile, ma sommando
lazione di una gran quantità di cristalli, il campo
risultante potrebbe raggiungere unintensità
ragguardevole, tale da superare il gradiente dielettrico del mezzo in
cui si trova e generare quindi una scarica elettrica con possibili
emissioni luminose. Questo meccanismo è stato indicato da
alcuni ricercatori (Finkelstein, Powell, Hill) come il responsabile
di alcune forme di EQL [25, 26, 27].
Il quarzo è un elemento molto diffuso nella crosta terreste;
il terremoto di Izu (Jpn) del 26 novembre 1930, con i casi meglio
documentati sulle EQL (1500 testimonianze) avvenne in una zona lavica
con elevato contenuto di quarzo, quindi il coinvolgimento di questa
proprietà elettrica non è da trascurare.
Nella formulazione della loro teoria, i ricercatori Finkelstein e
Powell, calcolarono che unonda sismica con frequenza compresa
tra 1 e 10 Hz e che eserciti una variazione di pressione da 30 a 300
bar, potrebbe generare un campo elettrico medio da 500 ~ 5000 V/cm.
Su una distanza di mezza lunghezza donda sismica, si otterrebbe
un gradiente di potenziale paragonabile a quello che genera i fulmini
in una normale tempesta atmosferica (5x107 ~
5x108 V). In questa maniera un forte campo elettrico in
superficie potrebbe generare quelle scintille, lampi e bagliori
allorigine di molte EQL.
Unico punto debole, il fatto che per supportare un gradiente di
potenziale così elevato sia necessaria una resistività
del terreno estremamente elevata (109 Ohm x metro), mentre
nella realtà il valore misurato risulta di soli 300 ~ 3000 Ohm
x metro; questo ha fatto sì che venissero introdotti nuovi
parametri correttivi per poter sostenere ulteriormente la
validità di questa ipotesi. Un valido supporto alla
piezoelettricità fu fornito dalle numerose esperienze di
laboratorio condotte su campioni di roccia di varia natura. A partire
dal 1970 la comunità scientifica tentò di replicare in
ambiente controllato quei fenomeni che si manifestano durante il
terremoto. La presenza dinequivocabili fotografie di EQL e i
rapporti su interferenze elettromagnetiche durante i terremoti,
sollevarono parecchi quesiti che stimolarono i ricercatori a
determinarne le cause. Da tempo ci si era accorti che in concomitanza
di un sisma venivano emesse onde elettromagnetiche. Una delle prime
testimonianze può essere fatta risalire, anche se non ne
comprese pienamente il significato, al sisma che colpì il
Piemonte il 23 febbraio 1887. Come riferì il sismologo
Mercalli, negli istanti che precedettero il sopraggiungere della
scossa, inspiegabilmente il telegrafo della stazione di Santa
Vittoria dAlba iniziò a ricevere segnali Morse. Con
molta probabilità la linea telegrafica si comportò come
unantenna in grado di ricevere le forti emissioni
elettromagnetiche generate dal terremoto [4].
Durante il terribile terremoto cinese di Tangshan (M = 7,8) del 28
luglio 1976 (che generò memorabili EQLs), furono captate
strane interferenze nelle comunicazioni radio, civili e militari, a
partire da 5 giorni prima della data del sisma. Prima del sisma di
Longling (M 7,5 ~ 7,6) del 26 maggio 1976, furono captati disturbi
radio mentre venivano segnalate luci sismiche [28].
Nuovi rilevamenti strumentali mirati vennero eseguiti da ricercatori
in tutto il mondo e si scoprì che le emissioni RF
(radiofrequenza) coprivano uno spettro di frequenze che andava da
pochi Hz alla decina di Mhz (106 Hz).
Forse il rilevamento più enigmatico fu quello realizzato dal
gruppo di Gokhberg e Morgounov, vicino Tokyo, il 31 marzo 1980.
Utilizzando un apposito ricevitore radio, riuscirono a percepire un
intenso segnale RF 30 minuti prima dello scatenarsi di un forte
terremoto (M 7), avvenuto a 250 Km di distanza e alla
profondità di 480 Km.
Il segnale fu captato nella banda ELF da 10 a 1500 Hz e a 81 Khz
(81x103 Hz).
Ma la cosa veramente strana, che non venne mai spiegata (ammettendo
che il segnale RF provenisse dalla zona focale del terremoto) fu come
si rese possibile la propagazione del segnale elettromagnetico da una
simile profondità fino alla superficie, dal momento che un
segnale a 81 Khz riesce a penetrare solamente pochi metri nel terreno
prima di attenuarsi completamente [29].
Attualmente il rilevamento di RF nello spettro delle ELF-VLF è
utilizzato come elemento di studio per la previsione sismica
[30].
Le prove di laboratorio confermarono la realtà di queste
osservazioni e una delle prime esperienze fu quella condotta dal
ricercatore Nitsan U. (1977) [31].
Lesperimento consistette nel sottoporre diversi campioni di
roccia a compressione fino ad una loro completa distruzione e, nello
stesso tempo, tentare di ricevere eventuali segnali RF emessi dal
materiale sottoposto a stress. Lapparato di rilevamento era
costituito da una antenna (bobina avvolta su ferrite) posta vicina al
campione da testare. Leventuale segnale rilevato sarebbe stato
amplificato e inviato ad un registratore di transitori.
Nitsan dimostrò che tutti i materiali contenenti minerali
piezoelettrici come quarzo, granito e arenaria, se sottoposti a
compressione, emettevano segnali RF, cosa che non avveniva con quei
campioni che nerano privi, come basalto, calcare e
ossidiana.
Allontanando e riavvicinando lantenna ai campioni testati venne
dimostrato che, se vi era un segnale RF, questo proveniva realmente
dalla roccia presa in esame, in quanto non appena lantenna
veniva allontanata, si notava unattenuazione del segnale
rilevato fino ad una sua completa sparizione. Nitsan osservò
che il segnale RF, di natura transitoria, era correlato al
verificarsi di crepe e fratture nella struttura cristallina, e
copriva una gamma di frequenze da 0,1 a 10 Mhz.
Il meccanismo candidato a spiegazione di queste emissioni RF, sarebbe
una rapida caduta del campo piezoelettrico dovuto alla frattura della
struttura cristallina.
Nel tempo vennero ripetuti nuovi esperimenti che condussero ai
medesimi risultati ottenuti da Nitsan [32, 33, 34].
Campo
elettrico dovuto al contatto o alla separazione di materiali
rocciosi
Quando due tipi di rocce giungono a contatto, si genera un gradiente di tensione dovuto alla diversa composizione chimica dei materiali, creando un accumulo di cariche elettriche lungo la superficie di contatto. Questa situazione permane fintanto che, col passare del tempo, non si riottiene un equilibrio elettrico dovuto ad un completo passaggio delettroni dalla zona con potenziale maggiore a quella minore. Questa momentanea separazione di carica genera un campo elettrico modesto, ma trasportando il fenomeno su scala macroscopica, come può avvenire per un terremoto che interessa una zona molto ampia, si potrebbero ottenere campi elettrici talmente intensi da determinare la formazione di EQL. Linstaurarsi di un campo elettrico avverrebbe anche con unazione diametralmente opposta a quella vista precedentemente. La separazione istantanea di due rocce (come potrebbe avvenire con la comparsa di crepe e fratture), darebbe origine ad un gradiente di potenziale lungo la superficie di rottura, con linstaurarsi di un passaggio delettroni, mediante un processo fisico detto "effetto tunnel". Anche in questo caso il campo elettrico generato da un fronte molto ampio di scontro potrebbe essere in grado di determinare la comparsa di luci sismiche [32].
Triboelettricità
e piroelettricità
Nelle loro ricerche, Musya e Terada raccolsero varie
testimonianze di luci osservate lungo i fianchi delle montagne, in
concomitanza con frane e valanghe. Le cause di queste luminescenze
furono ricondotte a due fenomeni fisici distinti, che possono
apparire contemporaneamente durante una frana: la
triboelettricità e la piroelettricità.
La triboelettricità è la proprietà che alcuni
materiali hanno di elettrizzarsi per strofinio o frizione.
Considerando che lattrito, se intenso, genera calore,
può subentrare un altro meccanismo di elettrizzazione: la
piroelettricità.
In questo caso alcuni cristalli come la tormalina, se riscaldati,
danno luogo ad una separazione di carica lungo le facce opposte della
loro struttura.
Trasportando il/i fenomeno(i) su larga scala si potrebbero
raggiungere valori di campo elettrico elevati.
In conclusione, durante una frana, lo slittamento di masse rocciose
può determinare linsorgere di quelle luminescenze,
spesso riportate dai testimoni, lungo le pendici di colline e
montagne [10, 11].
Moti
oscillatori dellaria a livello del suolo
J.E. McDonald (fisico atmosferico) alla fine degli anni 60 analizzò vari casi di terremoti con presenza di luci e arrivò alla conclusione che uno dei possibili meccanismi alla base delle EQL risieda nelle violente perturbazioni trasmesse dal suolo, durante una scossa, alle masse daria sovrastanti. Queste perturbazioni creerebbero rapidi moti ascensionali, i quali trasporterebbero con sé eventuali cariche elettrostatiche presenti. Da questo rapido spostamento, si creerebbe un gradiente di tensione che porterebbe alla formazione di luci sismiche mediante quei fenomeni di scarica precedentemente riportati [2, 9].
Scarica
elettrochimica luminescente
Il chimico Tributsch H. suggerì che le EQL e altri segni
precursori possano essere in parte causati da un aumento di cariche
elettrostatiche nellatmosfera sovrastante la zona epicentrale
(elettricità atmosferica). La causa di questo aumento di
cariche libere sarebbe la scarica elettrochimica luminescente. Il
fatto che i terremoti influenzino il clima, aumentandone
lelettricità atmosferica, è cosa risaputa da
tempo.
Il primo ad accorgersi di questo fatto fu lesploratore
naturalista tedesco A. von Humboldt che nel 1799 venne sorpreso a
Cumana (Venezuela) da una serie di terremoti. Humboldt, durante il
sisma, ebbe la prontezza di eseguire una serie di rilevamenti
meteorologici (pressione, temperatura, carica elettrica atmosferica),
riuscendo a determinare, con un elettrometro tascabile, un
considerevole aumento di elettricità nellaria (carica
elettrostatica). Ad un medesimo risultato pervenne Vassalli Eandi,
sismologo italiano, durante il sisma piemontese del 1808.
Lipotesi di Tributsch si fonda sul fatto che il quarzo, dalle
proprietà piezoelettriche, è un minerale molto diffuso
nella crosta terrestre e in presenza di onde di compressione (scossa
sismica) creerebbe gradienti di potenziali elevatissimi. I bassi
valori di resistività del terreno non riuscirebbero a
sostenere questa separazione di cariche e determinerebbero
linsorgere di correnti elettriche attraverso i vari strati del
terreno.
La crosta terrestre non è formata da un insieme di rocce
compatte, uniformemente distribuite, bensì vi sono fratture e
cavità che possono essere riempite dallacqua. La
corrente elettrica, attraversando questo sistema complesso, stimola
linsorgere di due ben precisi fenomeni elettrochimici. Il primo
è linstaurarsi di un processo elettrolitico
dellacqua, con la separazione dei due elementi che la
costituiscono, quali lossigeno e lidrogeno e, se
lintensità della corrente lo permette, lemissione
elettrolitica dei sali eventualmente disciolti.
Il secondo processo è noto presso i laboratori di chimica col
termine di scarica elettrochimica luminescente. Se in una
cella elettrolitica si solleva uno dei due elettrodi al di sopra
della superficie acquosa, lasciando una sottile pellicola
daria, tra lelettrodo e il liquido continuerà a
scorrere la corrente manifestando un effetto luminescente.
In questa reazione quello che più interessa non è tanto
la luminescenza in sé, quanto il fatto che la reazione non
sarebbe più equiparabile a un processo elettrolitico,
bensì a quello in cui vengono liberate radiazioni ionizzanti
nel campo dellultravioletto e radiazioni a a bassa energia.
La condizione che porta a questo processo è che fra i due
elettrodi vi sia una differenza di potenziale da 500 a 800 Volt.
La corrente che scorre attraverso la pellicola daria è
di natura ionica (ione positivo dellacqua H+). Questi ioni sono
accelerati dalla ddp presente fra elettrodo e superficie acquosa e
giungendo a contatto con lacqua ne generano degli altri, avendo
come risultato finale la formazione di una notevole quantità
di ioni positivi.
Il trasportare questo processo allinterno della crosta
terrestre non risulta una operazione errata; infatti, laumento
di stress tettonico, nelle zone in cui si scatenerà il sisma,
porta alla formazione di crepe e fratture, prontamente riempite
dallacqua, sempre presente nel sottosuolo. Sacche di aria e
acqua intrappolate nella crosta terrestre e sottoposte a quelle
correnti telluriche precedentemente esaminate, darebbero vita a
questo processo elettrochimico. Gli ioni liberati in parte si
ricombinerebbero nella loro corsa verso la superficie, mentre la
restante si riverserebbe nellatmosfera.
Questaumento di cariche libere abbasserebbe il gradiente
dielettrico del mezzo (aria), facilitando linsorgere di quei
fenomeni luminosi legati a meccanismi di scarica elettrica quali
effetti corona, fuoco di SantElmo e fulmini [4, 17,
18].
Emissione
exoelettronica
Nel 1986 Brady e Rowell condussero una serie di esperimenti che
diedero risultati inaspettati. Per verificare le ipotesi avanzate
fino a quel momento di luminescenze prodotte tramite compressione di
masse rocciose, Brady e Rowell vollero eseguire diverse analisi
spettrografiche nel campo del visibile e del vicino infrarosso.
Questo avrebbe permesso la discriminazione di quale meccanismo o
serie di processi sia alla base del fenomeno. Fino a quel momento la
comunità scientifica avanzò teorie coinvolgenti la
piezoelettricità; il riscaldamento fino allincandescenza
di materiali rocciosi; lemissione di plasma da frantumazioni di
rocce oppure lemissione delettroni o aerosol ionizzati
che, interagendo con i gas atmosferici, emetterebbero radiazioni e.m.
nel visibile.
Pertanto, attraverso lanalisi spettrografica, si sarebbe potuto
confermare o rigettare la validità di una qualunque di queste
ipotesi.
Dal momento che non esistevano precisi dati spettrografici, Brady e
Rowell vollero condurre diversi esperimenti, al fine di ovviare a
questa mancanza.
Ciascuna ipotesi proposta avrebbe generato uno spettro ottico dalle
caratteristiche inconfondibili. La radiazione ottica dovuta a
riscaldamento per attrito avrebbe fornito uno spettro continuo nella
regione del visibile simile a quella emessa da un corpo nero posto
alla medesima temperatura. Se si fosse trattato invece di
luminescenza dovuta a fenomeni di scarica prodotti da processi
piezoelettrici, lo spettro avrebbe contenuto linee caratteristiche
degli elementi eccitati. Nel caso invece che lemissione
luminosa fosse dovuta a plasma, lanalisi spettrografica avrebbe
rilevato uno spettro continuo, con sovrapposte linee demissione
causate da interazioni elettromagnetiche avvenute allinterno
del plasmoide. Infine, se la luminescenza fosse dipesa da interazioni
fra gas atmosferico ed elettroni emessi dalle rocce (sottoposte a
stress), si sarebbero avute linee spettrali tipiche di quei gas
eccitati.
Brady e Rowell scelsero due soli tipi di rocce da testare: basalto e
granito.
Il basalto è privo di cristalli dalle proprietà
piezoelettriche, mentre il granito ne è ricco.
Scelsero anche la composizione atmosferica in cui si sarebbe attuata
la compressione dei campioni: in argon, in elio e in aria (tutti a
pressione atmosferica), in acqua e nel vuoto spinto. Gli spettri
così ottenuti mostravano che, sia i campioni di granito
(piezoelettrici) che quelli di basalto (non piezoelettrici), si
assomigliavano per medesimo ambiente di test.
Ogni spettro fornì, a prescindere dal tipo di roccia
utilizzato, linee spettrali tipiche dellambiente atmosferico in
cui venne effettuata lesperienza. Niente spettro continuo
nè linee demissione dovute al plasma, ma linee spettrali
di argon, elio e dei vari gas contenuti nellatmosfera standard.
Si ottennero emissioni luminose anche dai campioni di granito immersi
nellacqua, che fornirono come spettro quello dellidrogeno
atomico.
Nel vuoto (10-6 torr) lo spettro che si ottenne era meno
chiaro, ma non appariva nè una banda continua, nè linee
riconducibili al materiale testato. Comparando questo spettro con
quello ottenuto in un vuoto meno spinto ( tubo di Geissler a
10-3 torr), Brady e Rowell riconobbero che era quello
dellaria ( non esiste un vuoto assoluto, per cui le linee
spettrali erano dovute a quei pochi atomi o molecole di gas ancora
presenti).
In conclusione i due ricercatori riscontrarono che il fenomeno
responsabile della luminescenza, in questo caso, risiedeva nel
bombardamento della componente atmosferica da parte di elettroni
emessi dalle rocce sottoposte a compressione.
Inoltre vennero suggeriti due concetti fondamentali: che le EQL
potevano essere prodotte da terremoti di magnitudine modesta e che le
luci potevano manifestarsi anche in acqua, avvallando quelle
testimonianze di EQLs in mare (cosa che fino allora non era ritenuta
possibile, in quanto la concezione dominante era che le luci da
terremoto fossero dovute a ricombinazione di cariche elettrostatiche
libere o forti campi elettrici; fenomeni che non potevano sussistere
in un ambiente fortemente conduttivo come quello dellacqua)
[35, 27].
Ipotesi
della frizione - vaporizzazione
Lockner, Johnston e Byerlee, studiando i fenomeni geofisici che
avvengono nelle profondità della crosta terrestre in presenza
di un terremoto, avanzarono nel 1983 una nuova ipotesi a chiarimento
delle EQL.
Durante un terremoto, nella zona focale si genera un riscaldamento
delle rocce causato dalla presenza di un forte stato di compressione
tettonica. In questi frangenti lacqua, presente sotto forma di
umidità o allinterno di eventuali sacche, evapora
determinando la comparsa di cariche elettriche libere mediante il ben
noto processo di Lenard.
Infatti, in presenza di una rapida vaporizzazione o nebulizzazione
dellacqua, si attua unistantanea distruzione della
tensione superficiale del liquido che porta alla comparsa di cariche
elettrostatiche. Nel frattempo, lapporto di calore dovuto allo
scontro delle masse tettoniche, continua a far lievitare la
temperatura, determinando una diminuzione della resistività
elettrica nelle rocce sottoposte a riscaldamento.
Questo processo crea un canale ad alta conducibilità dove,
concentrandosi le cariche precedentemente liberate,
determinerà l'insorgere di un forte campo elettrico; se il
processo poi si sviluppa a profondità non elevata, il campo
generatosi influenzerà il gradiente elettrico atmosferico
stimolando la comparsa di fenomeni luminosi quali scariche coronali e
fulmini [1].
Ipotesi
elettrocinetica dellacqua (potenziale z)
Alcuni ricercatori giapponesi non ritennero sufficientemente
valida lipotesi piezoelettrica per le EQL osservate a
Matsushiro dal 1965 al 1967. In effetti, si potrebbe sviluppare un
intenso campo elettrico, come somma dei singoli campi piezoelettrici,
solo se tutte le strutture cristalline fossero allineate nella
medesima direzione. In caso contrario lorientamento casuale dei
minerali porterebbe ad un annullamento reciproco dei singoli effetti.
Mizutani e Ishido videro nello scorrimento sotterraneo delle acque la
causa scatenante delle luci sismiche avvenute in questa regione.
Ponendo a contatto due materiali di natura chimica differente, si
viene a creare un gradiente di potenziale lungo la superficie di
giunzione (dovuto ad un accumulo di cariche positive da un lato e
negative dallaltro). Il processo si complica se uno dei due
composti risulta una soluzione acquosa (acqua e sali) in movimento.
Anche in questo caso, lungo le pareti di contatto si crea una
barriera di potenziale (elettrico), con relativo accumulo di cariche
di segno opposto lungo ciascuna superficie. Supponendo che la parte
solida sia a potenziale negativo, nella soluzione acquosa si
determina una scissione di cariche in H+ (ioni idrati) e OH-, con la
tendenza degli ioni idrati (H+) a diffondersi allinterno dello
strato solido, mediante un processo osmotico. Con questevento
si forma uno strato di ioni (H+) fermamente vincolati lungo le pareti
di contatto.
Considerando il fatto che la soluzione elettrolitica è in
movimento e che vi sono delle cariche vincolate alle pareti, le
restanti (OH- e in parte H+) determinano,
con il loro scorrere, linsorgere di una barriera di potenziale
(z potenziale) con relativo campo
elettrico.
Lintensità di questo campo dipende dalla concentrazione
delle sostanze disciolte, dal pH, dalla pressione e temperatura della
soluzione acquosa. Questo processo, trasportato su larga scala,
è quello che avrebbe determinato la comparsa delle EQL a
Matsushiro (secondo lipotesi avanzata da Mizutani e Ishido). Il
campo elettrico risultante dallo scorrere dellacqua, in una
fitta rete di pori e fratture, potrebbe raggiungere valori
dintensità tali, da permettere la comparsa di fenomeni
luminosi atmosferici (effetto corona e fulmini). Inoltre il fenomeno
elettrocinetico potrebbe manifestarsi anche nelle fonti idrotermali,
dove la presenza di sostanze disciolte, la pressione raggiunta
dellacqua e la temperatura ne favorirebbero la comparsa
[15, 16].
I
campi elettrici e laccelerazione di cariche
atmosferiche
Una delle ultime teorie proposte in ordine di tempo per le EQL,
è quella avanzata dai giapponesi Ikeya e Takaki (1996).
Analizzando i meccanismi fino a quel momento suggeriti, non li
trovarono pienamente soddisfacenti, specialmente quelli basati su
processi di natura elettrica. Triboelettricità,
piezoelettricità e il processo elettrocinetico dellacqua
possono generare solo cariche elettrostatiche transitorie, in quanto
la resistività del terreno non sarebbe in grado di sostenerle
a lungo. Per questo motivo lintensità dei campi
elettrici prodotti da questi processi, non riuscirebbero mai a
raggiungere quei valori per i quali si manifesterebbero dei fenomeni
luminosi mediante scarica quali effetti corona, scintille e fuochi di
SantElmo. Lipotesi suggerita dai due giapponesi è
che i processi precedentemente elencati, come quello piezoelettrico,
possa intervenire per creare un particolare campo elettrico modulato
lungo la zona di rottura (ipocentro). Il campo avrebbe
caratteristiche impulsive, in quanto i minerali piezoelettrici,
stimolati dalle onde sismiche, determinerebbero la comparsa di
cariche elettriche momentanee che si ricombinerebbero entro breve
tempo, grazie alla bassa resistività del terreno. Questa
sequenza di separazioni e ricombinazioni di cariche, determinerebbe
appunto landamento impulsivo del campo ed estendendo la sua
sfera di influenza nella bassa atmosfera, andrebbe ad imprimere
unaccelerazione a quelle particelle libere (elettroni) che
normalmente sono presenti a bassa quota (la densità di carica
è massima a livello della ionosfera e diminuisce a mano a mano
che ci si abbassa di quota).
Le cariche accelerate andrebbero a collidere con le molecole dei gas
atmosferici (ossigeno e azoto), stimolando lemissione di
fotoni, in numero tale, da essere percepiti come EQL
[36].
Unimportante implicazione emergente da questa teoria è
laver legato processi litosferici con quelli atmosferici. Visto
che uno dei maggiori quesiti posti dalle EQL è che non sempre
si manifestano, questo potrebbe essere spiegato non solo dal fatto
che nella litosfera non si sono avuti tutti quei processi necessari
alla loro apparizione, ma anche di uneventuale mancanza di
condizioni favorevoli (o processi) in atmosfera. In ultimo, visto che
la principale sede deputata alla creazione di cariche elettriche
atmosferiche è la ionosfera, e conoscendo il suo intimo legame
con il Sole, potrebbero esistere particolari stati del nostro astro
che favorirebbero, durante il terremoto, linsorgere dei
fenomeni luminosi fin qui descritti.
Ipotesi
fonoluminescenza
Fra le varie testimonianze riguardanti le EQL, emergono rapporti
che riferiscono di luci viste in mare, spostarsi lungo le coste
oppure avanzare allinterno di un Tsunami (onde gigantesche
prodotte dai maremoti). Questi rapporti spinsero alcuni ricercatori
ad investigare altri processi fisici che potessero permettere il
verificarsi di simili eventi. Si giunse così ad indagare sul
processo fisico della fonoluminescenza.
La fonoluminescenza (o sonoluminescenza) è un processo nel
quale avviene una conversione diretta del suono in luce. Questo
fenomeno, tanto semplice da realizzare ma non del tutto compreso, fu
scoperto agli inizi degli anni 30 (XX secolo), quando Frenzel e
Schultes (1934) riuscirono a produrre una bolla luminosa stimolando
lacqua con onde sonore. Una bolla daria immersa in acqua,
quando viene colpita da onde sonore ad alta frequenza, ne rimane
intrappolata e viene dato il via ad un processo di espansione e
compressione della bolla medesima. La superficie della sfera implode
verso il centro a velocità supersonica per poi riesplodere
alle dimensioni originali con altrettanta velocità.
Il ritmo di queste pulsazioni è legato alla frequenza
utilizzata; perciò una bolla daria può pulsare
regolarmente anche 30000 volte al secondo.
Durante questo processo la temperatura interna della bolla raggiunge
valori superiori a quelli registrati sulla superficie del Sole, con
emissione luminosa nella gamma dei blu e dellultravioletto.
Ritornando alle EQL, Johnston A. formula lipotesi che durante
un sisma le onde di compressione (p, onde prime), propagandosi
allinterno di masse dacqua, stimolino linsorgere di
queste manifestazioni luminose grazie al processo precedentemente
indicato [37, 38, 39, 40, 41, 42, 43].
Ipotesi
dei gas (chemiluminescenza, combustione)
In ultimo, analizziamo lipotesi della fuoriuscita di gas dal
sottosuolo, come causa scatenante delle EQL. Il fattore gas fu una
delle prime cause su cui si concentrò la comunità
scientifica fin dal secolo scorso (XIX sec). Dalle testimonianze
raccolte dal Galli nel suo catalogo sulle luci sismiche, appare
chiara l'implicazione di questo meccanismo, dal momento che in molti
resoconti fu evidenziato il fatto che fuochi, fiamme, bagliori o
semplicissimo fumo, furono visti fuoriuscire da crepe e fratture
prodottesi nel terreno sotto l'azione del terremoto. Inoltre, vi
furono innumerevoli testimonianze, anche per quei terremoti in cui
non si registrò lapparizione di fenomeni luminosi,
riguardanti la presenza di nauseanti esalazioni sulfuree percepite
anche a considerevole distanza dal luogo epicentrale.
Questi sono tutti indizi che portano in ununica direzione e
cioè alla presenza di gas, intrappolati nella crosta
terrestre, che attraverso crepe e fratture giungono in superficie,
stimolando eventualmente la comparsa di fenomeni luminosi. La
produzione di luce avviene mediante due processi fisico-chimici ben
distinti, coinvolgenti i gas che, giungendo a contatto con quelli
atmosferici, danno il via a fenomeni quali la chemiluminescenza e
lautocombustione. Vediamo di analizzarli uno per volta.
La chemiluminescenza è una reazione chimica fra due o
più composti, nella quale si manifestano emissioni luminose; i
gas emanati dalle fenditure a contatto con lossigeno,
lazoto o lozono possono generare una reazione
luminescente. Quello che risulta difficile da determinare è la
reale natura chimica di questi gas, vista limpossibilità
di riuscirne a prelevare dei campioni da analizzare in laboratorio.
L'idea che dietro alcuni casi di EQL risieda un processo coinvolgente
la chemiluminescenza venne avanzata da due ricercatori ungheresi,
Hedervari e Noszticzius, i quali portarono a sostegno della loro
ipotesi un altro interessante fenomeno, non ancora totalmente
compreso, che sono i fenomeni transienti lunari (TLP - transient
lunar phenomena).
I TLP sono bagliori, nebbie, foschie, mutamenti dellalbedo
lunare e cambiamenti di colore che compaiono per un breve periodo di
tempo sulla superficie del nostro satellite. Questi fenomeni
transitori sono stati osservati da quando luomo, attraverso
linvenzione del cannocchiale, ha potuto scrutare con una certa
precisione la superficie della Luna.
Con più di 1400 TLP osservati, anche eliminando un certo
numero di casi come errori o distorsioni introdotte dallo strumento,
ne restano una quantità tale da decretare, senza ombra di
dubbio, la realtà del fenomeno. La distribuzione spaziale
delle TLP non è casuale, bensì concentrata attorno a
specifiche aree, con circa 300 casi presso il cratere Aristarchus, 75
a Plato e 25 ad Alphonsus.
Non è riscontrata, al momento attuale, nessuna correlazione
con fenomeni solari (vento solare e macchie), ma si è notato
un picco di apparizioni quando la Luna si trova al perigeo (punto
dell'orbita lunare più vicina alla Terra), dove
l'intensità delle forze mareali è massima.
Le luminescenze possono raggiungere dimensioni, lungo la superficie
del satellite, dai 3 ai 5 chilometri e se vengono riferite
colorazioni queste sono nella maggioranza dei casi il rosso e il blu.
Dopo le varie missioni Apollo, quando fu installata una rete di
telerilevamento sismico, si osservò che la Luna presentava una
certa attività sismica e che la maggioranza di questi lunamoti
(terremoti lunari) avvenne a meno di 5° gradi dai luoghi dove si
registrarono il maggior numero di TLP.
Questi dati suggerirono e rafforzarono lipotesi che eventuali
gas presenti nel sottosuolo lunare, attraverso le microfratture
provocate dalle forze sismiche e mareali, possano fuoriuscire
consentendo la comparsa di nebbie momentanee e luminescenze
transitorie.
Linsorgere della luminescenza in questi gas sarebbe dovuto ad
un processo chemiluminescente stimolato dallazione dei raggi
cosmici; oppure, altra ipotesi avanzata a chiarimento di questo
fenomeno, ad un eccitamento dei gas dovuti alla presenza di una forte
carica elettrostatica. Lelettrizzazione avverrebbe mediante
frizione di quei granuli di polvere raccolti dai gas e trascinati a
loro volta nella risalita verso la superficie lunare [22, 23, 24,
44].
Ritornando alle EQL terrestri, il secondo meccanismo coinvolgente
la presenza di gas è il fenomeno dellautocombustione.
Nella loro ipotesi sull'esistenza di depositi di gas naturale
dorigine non biologica allinterno della Terra, Gold e
Soter videro in alcuni casi di luci sismiche la conferma delle loro
supposizioni. Il metano, contenuto in queste riserve naturali,
raggiungendo la superficie tramite la fitta rete di crepe e fratture
presenti nel mantello terrestre e bruciando a contatto con l'aria, si
renderebbe responsabile di quelle manifestazioni luminose osservate
durante i terremoti. Il fenomeno di accensione spontanea sarebbe
determinato da scintille e scariche elettriche prodotte dal gas
medesimo, che risalendo dalle viscere della Terra si elettrizzerebbe
mediante frizione (come succede per alcuni venti particolarmente
caldi e secchi, che spirando attraverso valli e colline si caricano
elettrostaticamente mediante frizione con la superficie terrestre:
vedi Scirocco e Föhn). Un supporto alla validità di
questo processo proviene dalle testimonianze; durante i terremoti si
percepiscono spesso odori di sostanze bituminose, e nel caso di
fiamme viste fuoriuscire da crepe e fratture, queste lasciano vistose
bruciature sul terreno e sulla vegetazione circostante
[21].
Per una migliore comprensione di questi fenomeni luminosi rivolgiamo
la nostra attenzione alle osservazioni condotte nei confronti di luci
simili non collegate alla presenza di terremoti. Diverse persone, fra
le quali viaggiatori e pellegrini, specialmente nelle epoche passate
quando i mezzi di trasporto erano tali da imporre lunghi tempi di
spostamenti e non esistevano problemi di inquinamento luminoso,
notarono strane luminescenze, che a seconda del contesto storico
culturale assunsero vari nomi: Ignis Fatuus, Will-ò-the
Wisp, Jack-ò-Lantern, Corpse Candle, Irrlichtern,
Feux-Follets, Elf-Fire, Chinese Lantern... nomi diversi per un
medesimo fenomeno luminoso. Queste luci furono osservate a livello
del suolo o a pochi metri sopra di esso, con maggior frequenza su
terreni paludosi. La comparsa di queste luminescenze notturne (vista
la debole luce emessa era più facile notarle
nell'oscurità), fu associata al gas di palude emesso da questi
terreni; supportato dal fatto che, nelle ore diurne, fu possibile
osservare la comparsa di bolle che dal fondale melmoso risalivano in
superficie. Il gas a base di metano (due terzi metano e il restante
biossido di carbonio) e prodotto dalla putrefazione di sostanze
vegetali e animali in ambienti anaerobici, fece pensare a processi di
combustione spontanea, ma l'analisi delle varie testimonianze
raccolte gettò seri dubbi sul fatto che alla base di questo
fenomeno potesse risiedere un unico processo.
Vennero così attuati diversi tentativi di cattura, provocando
però la scomparsa o l'allontanamento delle luci dovuto con
molta probabilità allo spostamento dell'aria provocato dal
testimone. In alcuni casi gli osservatori, rimanendo immobili,
notarono il ritorno delle luminescenze riuscendo perfino ad
interagire con loro. Durante questi fatti occorsero comportamenti
discordanti tali da suggerire la presenza di più di un
processo formativo. Alcuni testimoni riuscirono a toccare con mano le
luci, senza percepire nessun calore o ad introdurvi oggetti di legno
senza che questi si riscaldassero o prendessero fuoco. In altri casi,
invece, l'introduzione di corpi estranei in queste luminescenze
determinò il riscaldamento dell'oggetto o una sua eventuale
combustione. La lettura di queste testimonianze spinse il geologo A.
Mills (1980) ad interessarsi al fenomeno e a tentare di riprodurlo in
laboratorio per comprenderne il reale meccanismo, in quanto fino a
quel momento le teorie proposte erano puramente speculative e quasi
mai verificate materialmente. Fra le possibili spiegazioni,
scartò immediatamente i fulmini globulari, i fuochi di
Sant'Elmo e la presenza di insetti luminosi; tutte
eventualità che non si adattavano, già ad una
prima analisi, alle caratteristiche del fenomeno preso in esame; ma
concentrò la sua attenzione su processi quali la
chemiluminescenza e la combustione spontanea. Il metano, bruciando,
emette luce e calore in maniera simile a quanto riferito da una certa
parte di testimonianze; l'unico problema è l'innescarsi di
combustioni spontanee ripetute, cosa non facile da spiegarsi in
natura. Anche la presenza di fosfina nel metano (PH3,
derivato del fosforo e prodotta dalla putrefazione di sostanze
organiche in ambiente anaerobico), difficilmente darebbe il via a
processi di autocombustione. Resta comunque il fatto che alcune
testimonianze riferiscono di processi del tutto simili, se non
uguali, a quelli della combustione. La ricerca di Mills non
portò a conclusioni sicure, anche se indicò come
maggiormente probabili processi quali la chemiluminescenza e la
combustione spontanea. Neanche l'esperimento da lui condotto diede
buoni risultati. Egli mise in una botte sigillata erba e acqua di
palude a macerare; dopo alcuni giorni vide emergere dal fondo bolle
di gas che, se acceso, bruciava con una pallida luce bluastra. Dopo
14 giorni aggiunse sostanze organiche, quali farina, uova e resti di
pesci, per generare, attraverso la loro putrefazione, fosfina. La
produzione di gas aumentò notevolmente, ma non si verificarono
mai fenomeni chemiluminescenti o di autocombustione quando questi gas
giunsero a contatto con l'aria [45].
indice
© Copyright: Massimo Silvestri - CISU-UDN
(1999)
itacomm.net
(2001-2002)
Quale espressione dell'attività intellettuale dell'autore,
questo materiale è protetto dalle leggi internazionali sul
diritto d'autore. Tutti i diritti riservati. Nessuna riproduzione,
copia o trasmissione di questo materiale può essere eseguita
senza il permesso scritto dell'autore. Nessun paragrafo e nessuna
tabella di questo articolo possono essere riprodtti, copiati o
trasmessi, se non con il permesso scritto dell'autore. Chiunque
utilizzi in qualsiasi modo non autorizzato questo materiale è
perseguibile a norma delle vigenti leggi penali e
civili.
For the Photographs:
© Copyright Steinbrugge Collection,
Earthquake Engineering Research Center, University of California,
Berkeley.